Pietro Mercandetti Generali (Roma, 4 ottobre 1773 – Novara, 8 novembre 1832)
è il sesto dei sette figli di Francesco e Maddalena Aureli. Il padre,
nato nel 1730 alla Frazione Merdandetti–Vico del Generale di Masserano
(BI), si trasferisce a Roma nel 1760 circa e abbandona il primo cognome optando
per il secondo. Intrapresa dapprima un’attività in proprio, dopo
la nascita di Pietro entra al servizio dei Marchesi Del Bufalo come cocchiere,
abitando con la famiglia nella casa adiacente al Palazzo dei Marchesi, nella
strada nota col nome della Chiavica del Bufalo, dall’omonima fontana
ancora oggi esistente. Al primo piano della stessa casa abita l’alto
dignitario ecclesiastico napoletano Mons. Bartolomeo Lopez. Questi e il
marchese Paolo Del Bufalo sono i mecenati di Pietro. Ancora bambino, viene
indirizzato al canto e frequenta la Cappella Musicale Liberiana della Basilica
di Santa Maria Maggiore dove ha per insegnanti forse Raimondo Lorenzini (o un
suo collaboratore) e Giovanni Battista Persichini. Intraprende la carriera di
cantante, esercitata sia nella Cappella Liberiana e in altre chiese romane sia
in teatro, carriera che si sviluppa tra il 1785 e il 1799 e i cui dettagli
Generali non racconterà mai ad alcuno. In questi anni intraprende gli
studi di contrappunto con Giovanni Masi, integrandoli in seguito con Pietro
Persichini e con un soggiorno di quattro mesi in un conservatorio di Napoli. A
partire dal 1798 si avvicina ai lavori di Giuseppe e Luigi Mosca, rappresentati
nei teatri romani, e nel 1799 viene indicato per la prima volta come
«maestro di cappella».
Esordisce come operista al Teatro
della Pace nel gennaio del 1800 con gli intermezzi Gli Amanti ridicoli seguiti, il 30 maggio al Teatro Aliberti, dalla
cantata Il Trionfo della verità.
Nello stesso anno si sposa con Margherita Mayo, un matrimonio infelice
destinato a naufragare di lì a poco tempo. Nel 1801 effettua un viaggio
in Italia meridionale (probabilmente a Napoli) e nel 1802, ritornato a Roma,
dove rappresenta Le Nozze del Duca Nottolone
(febbraio) e La Villanella al Cimento
(novembre) entrambe al Teatro Valle. Una settimana dopo la “prima”
di quest’ultima farsa perde l’unica figlia nata dal matrimonio,
Virginia.
L’anno successivo è a
Bologna con Le Gelosie di Giorgio (la
farsa che decreta la definitiva affermazione di Filippo Galli come «mezzo
carattere») e soggiorna in questa città e in Romagna per un anno.
Il successo viene nel 1804 con La
Calzolaja e Pamela nubile a
Venezia. Quest’ultima farsa gli dà immediatamente fama europea con
le rappresentazioni di Praga, Vienna, Barcellona e Amsterdam. Nel 1805
esordisce alla Scala di Milano con Don
Chisciotte della Mancia, ma opera essenzialmente a Venezia fino agli
entusiastici riconoscimenti che vengono tributati a Le Lagrime di una vedova (1808) e ad Adelina (1810). Nella città dei Dogi mette in scena nuovi
lavori per i teatri San Benedetto, San Moisè e La Fenice e compone
svariate arie e «pezzi d’insieme» inseriti in opere di altri
compositori. Nello stesso periodo rappresenta nuove opere a Napoli, Firenze,
Vicenza e Roma dedicandosi soprattutto alla farsa ma avvicinandosi gradatamente
all’opera buffa. Con quest’ultimo genere ottiene un clamoroso
successo alla Scala di Milano nel 1811 (Chi
non risica non rosica, 39 recite consecutive) che non riesce a replicare a
Roma con La Vedova delirante, a
causa della ricercatezza e delle difficoltà esecutive della partitura.
Tornato a Venezia tenta un’ultima volta la via della farsa con Isabella e quindi abbandona il genere.
Nel 1813 a Napoli affronta per la prima volta il genere serio con Gaulo ed Oitona. L’anno successivo
è a Torino, dove intende stabilirsi, e compone per i tre maggiori teatri
del capoluogo piemontese: Regio, Carignano e d’Angennes, rappresentando
in quest’ultimo l’opera buffa di grande successo La Contessa di Colle Erboso. Negli
ultimi mesi del 1814 accetta l’incarico di maestro di cappella della
Cattedrale di Alessandria che lascia verso la metà dell’anno
successivo.
Si ripresenta a La Fenice di
Venezia nel gennaio 1816 con un capolavoro, l’opera seria I Baccanti di Roma, riscritta
completamente per Trieste nel giugno dello stesso anno con il nuovo titolo I Baccanali di Roma. È uno
dei successi più rimarchevoli di Generali, rappresentato in tutti i
teatri italiani e apprezzato nelle città austriache e tedesche (Bonn,
Colonia, Darmstadt, Dresda, Francoforte, Innsbruck, Kassel, Monaco, Vienna) ma
anche in altri importanti centri musicali europei ed extra-europei (Barcellona,
Budapest, Calcutta, Città del Messico, Corfù, L’Avana, Londra,
Oporto, Praga, Strasburgo, Zara). Nel 1817, dopo i non lusinghieri esiti di Clato a Bologna e di Rodrigo di Valenza a Milano, accoglie
l’invito di Ramón Carnicer e accetta l’incarico di direttore
del Teatro de la Santa Cruz di Barcellona dove dirige la stagione 1817-1818 e
imposta la successiva. Nel dicembre del 1818 è nuovamente a Torino e nel
successivo aprile a Rovigo. Da qui parte per Parigi con l’intenzione di
fermarsi per qualche tempo ma nel dicembre del 1819 è già a Roma
con Il Gabbamondo e dal 1820 a Napoli
dove in tre anni rappresenta tredici opere di cui sei espressamente scritte per
i teatri Fondo, Nuovo e San Carlo.
Nel 1823 si trasferisce in Sicilia
e accetta l’incarico di direttore del Teatro Carolino di Palermo che
conserva fino a fine marzo 1825, quando viene sostituito, forse a causa di una
malattia, da Donizetti. Generali rimane in Sicilia e riassume l’incarico
nel marzo dell’anno successivo. Nel frattempo fonda una loggia massonica
e per questo, a fine settembre 1826, viene esiliato da tutti i territori del
Regno delle Due Sicilie.
Si trasferisce a Firenze dove,
all’inizio del 1827 porta in scena un altro dei suoi capolavori, il
dramma Jefte, rivisitato e riproposto
a Trieste a metà dello stesso anno con grandissimo successo.
Nell’agosto del 1827 è a Novara come maestro di cappella della
Cattedrale, incarico che conserva fino alla morte. Dalla città
piemontese si allontana saltuariamente, in particolare per rappresentare Francesca di Rimini (1828) e Beniowski (1831) a La fenice di Venezia,
Il Romito di Provenza (1831) alla
Scala di Milano. Muore a Novara nel 1832 di malattia polmonare. In
trent’anni ha dato al teatro 56 lavori (compresi 2 postumi), di cui 13
farse, 22 opere buffe, 21 opere serie. Inoltre ha disseminato le città,
in cui ha soggiornato, di un alto numero di partiture sacre.
Il passato di cantante,
ancorché mai ammesso, e quello di compositore gli hanno consentito di
avere tra i suoi allievi sia operisti (Luigi Ricci, Antonio Sapienza, Luigi De
Macchi, Giovanni Lorero) sia cantanti (Pompilio De Capitani y Goetsens, Angelo
Guglielmi, Cavalier di Ferrer e forse Filippo Galli) e di portare sul palco,
fin dall’anno 1800, cori di voci bianche.
Pietro Generali «diede una
scossa allo stile» collocandosi «du juste milieu tra i
barbassori Paesiello e Cimarosa, e gli azzimati Rossini, Bellini e simili».
Fu «il primo che prendesse le mosse in ciò che chiamasi
ristauramento della musica» con le orchestrazioni brillanti, le melodie
scorrevoli e gradevoli indirizzate verso nuove forme, il perfezionamento del crescendo, le armonie e le modulazioni
inconsuete e ardite, immaginando tra tutti questi elementi
un’infinità di combinazioni e di idee nuove. La sua
popolarità fu seconda solo a quella di Rossini, dal quale si distinse
per lo stile diverso, stile cui fu fedele ed eleborò fino al suo ultimo
lavoro.
Alberto Galazzo
Pietro Mercandetti Generali
(Rome, 4 october 1773 – Novara, 8 november 1832) was the sixth of the
seven sons of Franceso and Maddalena Aureli. His father, born in 1730 in the
hamlet Mercandetti–Vico del Generale on the territory of Masserano (BI),
moved to Rome in around 1760 and abandoned his first family name, keeping only
the second. Having first had an independent activity, he then entered to the
service of the Marquis Del Bufalo as charioteer, living with his family in a
house next to the Palace of the Marquis, on the road known as the Chiavica del Bufalo, which took its name
from a homonymous fountain still to be found there. On the second floor of this
house lived the high Neapolitan church dignitary Mons. Bartolomeo Lopez. This latter
and the Marquis Paolo Del Bufalo were Pietro’s patrons. Still a child, he
was introduced to the voice and attended the Capella Musicale Liberiana of the Santa Maria Maggiore Basilique, where he had as teachers maybe
Raimondo Lorenzini (or one of his assistants) and Giovanni Battista Persichini.
From 1785 to 1799, he developed a carrier as a singer in the Cappella Liberiana, as well as in other
churches, and in theatres. Generali never spoke about this part of his life in
detail. In those years, he took on the study of counterpoint with Giovanni
Masi, and later with Pietro Persichini during a four-month sojourn in a
conservatory in Naples. From 1798, he became acquainted with the works of
Giuseppe and Luigi Mosca, represented in the theatres in Rome, and in 1799 he
is documented for the first time as “maestro
di cappella”.
He
made his debut as an opera composer at the Teatro
della Pace in 1800 with the intermezzos Gli
Amanti ridicoli, followed on 30 May at the Teatro Alberti by the Cantata Il
Trionfo della verità. The same year he got married with Margherita
Mayo, an unhappy marriage destined to sink soon after. In 1801, he travelled to
the South of Italy (probably to Naples) and in 1802, back to Rome, where he
produced Le Nozze del Duca Nottolone
(in February) and La Villanella al
Cimento (in November), both in the Teatro
Valle. One week after the “première” of this last farce,
he lost his only daughter, Virginia, born from his marriage.
The
next year, he was in Bologna with Le
Gelosie di Giorgio (the farce which establishes definitely Filippo Galli as
“mezzo carattere”) and
lived one year in this city and in Romagna. Success came in 1804 with La Calzolaja e Pamela nubile in Venice.
This latter farce brought him immediate European fame, with representations in
Prague, Vienna, Barcelona and Amsterdam. In 1805, he made his debut in La Scala
in Milan with Don Chisciotte della Mancia,
but worked mainly in Venice until the full enthusiastic recognition that came
from Le Lagrime di una vedova (1808)
and Adelina (1810). In the
Doges’ city, he produced new works for the Teatro San Benedetto, the San
Moisè and La Fenice, and
composed various arias and “pezzi
d’insieme” (ensemble pieces) inserted in works by other
composers. During the same period, he produced new works in Naples, Florence,
Vicenza and Rome, dedicating himself especially to the farce, but getting
gradually closer to the opera buffa.
With this latter genre, he received a clamorous success at La Scala of Milano in 1811 (Chi
non risica non rosica, 39 performances in a row) which he failed to repeat
in Rome with La Vedova delirante, due
to the very “recherché”
character and the difficulty of the interpretation of this work. Back in
Venice, he went back a last time to the farce with Isabella before abandoning the genre. In 1813 in Naples, he tried
for the first time the opera seria
with Gaulo ed Ottona. The year after
he returned to Turin, where he wished to establish himself, and composed for
the major theatres of the Piedmontese capital, Regio, Carignano and d’Angennes, presenting in this
latter La Contessa di Colle Erboso,
the opera buffa of great success. In the last months of 1814, he accepted the
charge of chapel master of Alessandria’s Cathedral, which he relinquished
at the middle of the next year.
He
is back in La Fenice of Venice in
January 1816 with a masterwork, the opera seria I Baccanti di Roma, re-written completely for Trieste in June of
the same year with the new title of I
Bacanali di Roma. It is one of Generali’s remarkable successes,
represented in all Italian theatres and appreciated in the cities of Austria
and Germany (Bonn, Cologne, Darmstadt, Dresden, Frankfurt, Innsbruck, Kassel,
Munich, Vienna), but also in other important musical centres (Barcelona,
Budapest, Calcutta, Corfù, London, Mexico City, Prague, Strasburg, The
Havana, Zara). In 1817, after the rewarding successes of Clato in Bologna and of Rodrigo
di Valenza in Milan, he accepts the invitation of Ramón Carnicer and
the post of Director of the Teatro de la
Santa Cruz in Barcelona, where he directs the 1817–1818 season and
projects the next one. In December 1818, he is again in Turin and April of the
next year in Rovigo. From there, he leaves for Paris with the intention of
staying there for some time, but in December 1819 he is already in Rome with Il Gabbamondo, from where he moves on to
Naples in 1820, where he puts on thirteen operas in three years, six of which
were specially written for the theatres Fondo,
Nuovo and San Carlo.
In
1823, he moves to Sicily and accepts the charge of Director of the Teatro Carolino of Parlermo, which he
keeps until the end of March 1825, when he is replaced, maybe due to an
illness, by Donizetti. Generali remains in Sicily and is back in charge in the month
of March of the next year. In the meantime he creates a Masonic lodge and
therefore, at the end of September 1826, is banished from the territories of
the Reign of the Two Sicilies.
He
moves to Florence where, at the beginning of 1827, he produces another of his
masterworks, the drama Jefte, revised
and re-proposed in Trieste in the middle of the same year with the greatest
success. In August 1827, he is in Novara as chapelmaster of the Cathedral, a
charge which he will keep until his death. He takes leave occasionally from the
Piemontese city, in particular to produce Francesca
di Rimini (1828) and Bniowski
(1831) at La Fenice in Venice, Il Romito di Provenza (1831) at La Scala in Milano. He dies in Novara in
1832 of a lung disease. In thirty years, he gave 56 works to the theatre
(included 2 posthumous), among which 13 farces, 22 opere buffe, and 21 opere
serie. Moreover, he disseminated numerous sacred compositions in the many
cities in which he sojourned.
His
time as a singer, although never admitted, and that as a composer allowed him
to have among his pupils both opera composers (Luigi Ricci, Antonio Sapienza,
Luigi De Macchi, Giovanni Lorero), and singers (Pompilio De Capitani y
Goetsens, Angelo Guglielmi, Cavalier di Ferrer and maybe Filippo Galli), and to
bring to the stage, from 1800 on, choirs of white voices.
Pietro
Generali “gave a shake to the style”, placing himself “in the
just middle between the barbassori
[greatest masters] Paisiello and Cimarosa and the azzimati [most refined] Rossini, Bellini and similars”. He
was “the first to take on what was called the restoration of music”
with brilliant orchestrations, fluid and pleasing melodies directed towards new
forms, an improved crescendo, unusual
and audacious melodies and modulations, and imagining among all these elements
endless combinations and new ideas. His popularity was only second to that of
Rossini, from whom he distinguishes himself by his different style, a style to
which he remained faithful and developed until his last work.
Alberto
Galazzo (trad. Bernard Brauchli)
Pietro Mercandetti Generali (Rome, 4 octobre 1773 – Novarre, 8 novembre 1832) est le
sixième des sept fils de Francesco e Maddalena Aureli. Son père,
né en 1730 dans le hameau de Mercandetti–Vico del Generale sur le
territoire de Masserano (Biella), se transféra à Rome aux alentours
de 1760 et abandonna son premier nom de famille (Mercandetti), ne conservant
que le second. Ayant tout d’abord eu une activité
indépendante, il entra à la suite de la naissance de Pietro au
service des Marquis Del Bufalo comme cocher, habitant avec sa famille dans la
maison à coté du Palais des Marquis, en la rue connue sous le nom
de Chiavica del Bufalo, en raison
d’une fontaine homonyme qui existe encore aujourd’hui. Au premier
étage de cette maison habitait le haut dignitaire ecclésiastique
napolitain Monseigneur Bartolomeo Lopez. Ce dernier et le Marquis Paolo del
Bufalo furent les mécènes de Pietro. Encore enfant, ce dernier
est introduit au chant et fréquente la Cappella Musicale Liberiana de la Basilique de Santa Maria
Maggiore, où il a comme enseignants peut-être Raimondo Lorenzini
(ou l’un de ses collaborateurs) et Giovanni Battista Persichini. Il
commence une carrière de chanteur, exercée aussi bien dans la Cappella Liberiana et dans
d’autres églises romaines que au théâtre, une
carrière qui se développe entre 1785 et 1799, et dont Generali ne
parlera jamais en détail à quiconque. En ces années, il
commence ses études de contrepoint avec Giovanni Masi, les
complétant par la suite avec Pietro Persichini, et par un séjour
de quatre mois en un Conservatoire de Naples. Dès 1798, il se
familiarise avec les oeuvres de Giuseppe et Luigi Mosca
représentées dans les théâtres romains, et on le
trouve pour la première fois en 1799 mentionné comme « maestro di cappella ».
Il
débute comme compositeur d’opéras au Teatro della Pace en janvier 1800 avec les intermezzi Gli Amanti ridicoli, suivis, le 30 mai
au Teatro Aliberti, par la cantate Il Trionfo della verità. La
même année il épouse Margherita Mayo, mariage malheureux
destiné peu après au naufrage. En 1801 il effectue un voyage dans
l’Italie méridionale (probablement à Naples), et en 1802 il
retourne à Rome, où il présente Le Nozze del Duca Nottolone (en février) et la Villanella al Cimento (en novembre) au Teatro Valle. Une semaine après
la «première» de cette dernière farce, il perd
Virginie, l’unique fille née de son mariage.
L’année
d’après il est à Bologne avec Le Gelosie di Giorgio (la farce qui marque
l’établissement définitif de Filippo Galli comme
« mezzo carattere »)
et séjourne en cette ville et en Romagne pendant une année. Le
succès arrive en 1804 avec La
Calzolaja et Pamela nubile,
à Venise. Cette dernière farce lui assure immédiatement
une renommée européenne avec les représentations de
Prague, Vienne, Barcelone et Amsterdam. En 1805, il s’introduit à La Scala de Milan avec Don Chisciotte della Mancia, mais est
principalement actif à Venise jusqu’au succès enthousiastes
remportés par Le Lagrime di una
vedova (1808) et Adelina (1810).
En la cité des Doges, il met en scène de nouvelles oeuvres pour
les théâtres San Benedetto,
San Moisé et La Fenice, et compose diverses Arie et « pezzi d’insieme »
insérés dans des oeuvres d’autres compositeurs. Pendant la
même période, il présente de nouvelles oeuvres à
Naples, Florence, Vicenza et Rome, se consacrant surtout à la farce,
mais en se rapprochant graduellement de l’opera buffa. Avec ce dernier genre, il obtient un succès
retentissant à La Scala de
Milan en 1811 (Chi non risica non rosica,
avec 39 représentations successives), un succès qu’il ne
parvient pas à répéter à Rome avec La Vedova delirante, à cause du
caractère recherché et de la difficulté
d’exécution que présente cette oeuvre. De retour à
Venise, il tente une ultime fois le chemin de la farce avec Isabella, puis abandonne ce genre. En
1813 à Naples, il affronte pour la première fois l’opera seria avec Gaulo ed Oitona. L’année d’après, il est
à Turin, où il entend s’établir, composant pour les
trois majeurs théâtres du chef-lieu piémontais, Regio, Carignano et d’Angennes,
présentant en ce dernier l’opera
buffa de grand succès La
Contessa di Colle Erboso. Dans les derniers mois de 1814, il accepte la
charge de maître de chapelle de la Cathédrale d’Alessandria,
qu’il abandonne au milieu de l’année suivante.
Il se
représente à La Fenice
de Venise en janvier 1816 avec un chef-d’oeuvre, l’opera seria I Baccanti di Roma, récrit complètement pour Trieste en
juin de la même année avec le nouveau titre I Baccanali di Roma. C’est un des succès les plus
remarquables de Generali, représenté dans tous les
théâtres italiens et apprécié dans les villes
autrichiennes et allemandes (Bonn, Cassel, Cologne, Darmstadt, Dresde,
Francfort, Innsbruck, Munich, Vienne), mais aussi dans d’autres
importants centres européens et extra-européens (Barcelone,
Budapest, Calcutta, Corfou, La Havane, Londres, ville de Mexico, Porto, Prague,
Strasbourg, Zara). En 1817, après les succès flatteurs de Clato à Bologne et de Rodrigo di Valenza à Milan, il accepte l’invitation de
Ramón Carnicer et la fonction de directeur du Teatro de la Santa Cruz de Barcelone où il dirige la saison
1817–1818 et établit la suivante. En décembre 1818, il est
à nouveau à Turin et en avril à Rovigo. De là, il
part pour Paris avec l’intention de s’y arrêter quelque
temps, mais en décembre 1819 il est déjà à Rome
avec Il Gabbamondo et à partir de 1820 à Naples, où il
représente treize opéras en trois ans, dont six écrits
spécialement pour les théâtres Fondo, Nuovo, et San Carlo.
En
1823 il se transfère en Sicile et accepte la charge de directeur du Teatro Carolino de Palerme, qu’il
conserve jusqu’à la fin mars 1825, lorsqu’il est
remplacé, peut-être en suite de maladie, par Donizetti. Generali
demeure en Sicile et reprend la même charge en mars de
l’année suivante. Entre-temps, il fonde une loge massonique et
pour cela, à fin septembre 1826, il est exilé de tous les
territoires du Royaume des Deux-Siciles.
Il se
transfère à Florence où, au début de 1827, il met
en scène un autre de ses chefs-d’œuvre, le drame Jefte, révisé et repris
à Trieste au milieu de la même année avec grand
succès. En août 1827, il est à Novare comme maître de
chapelle de la Cathédrale, une charge qu’il va conserver
jusqu’à sa mort. De la ville piémontaise, il
s’absente occasionnellement, en particulier pour représenter Francesca di Rimini (1828) et Beniowski (1831) à La Fenice de Venise, et Il Romito di Provenza (1831) à La Scala de Milan. Il meurt à
Novare en 1832 d’une maladie pulmonaire. En trente ans, il a donné
au théâtre 56 oeuvres (y compris deux posthumes), desquelles 13
farces, 22 opere buffe, et 21 opere serie. En outre, il a
laissé un grand nombre de partitions sacrées dans les villes
où il a séjourné.
Il a
passé de chanteur, encore qu’il ne l’ait jamais reconnu,
à compositeur, ce qui lui a permis d’avoir parmi ses
élèves aussi bien des compositeurs d’opéras (Luigi
Ricci, Antonio Sapienza, Luigi De Macchi, Giovanni Lorero), que des chanteurs
(Pompilio De Capitani y Goetsens, Angelo Guglielmi, Cavalier di Ferrer et
peut-être Filippo Galli), et de porter à la scène,
jusqu’en 1800, des choeurs de voix blanches.
Pietro
Generali a donné « une secousse au style, au juste milieu entre
i barbassori [les plus grands
maîtres], Paesiello e Cimarosa, et gli azzimati [les plus
raffinés], Rossini,
Bellini, et semblables ». Il fut « le
premier à suivre le mouvement de ce que l’on a appelé la
restauration de la musique », avec des orchestrations brillantes,
des mélodies coulantes et agréables appliquées à de
nouvelles formes, le perfectionnement du crescendo,
les harmonies et les modulations insolites et osées, tout en imaginant
parmi tous ces éléments une infinité de combinaisons et
d’idées nouvelles. Sa popularité ne fut inférieure
qu’à celle de Rossini, auquel il se distingue par un style
différent, un style auquel il fut fidèle, et qu’il
développa jusqu’à son ultime oeuvre.
Alberto
Galazzo (trad. Bernard Brauchli)
Pietro Mercandetti
Generali (Rom, 04. Oktober 1773-Novarra, 08.
November 1832) war der sechste von sieben Söhnen von Francesco und
Maddalena Aureli. Sein Vater, geboren 1730 im Ortsteil Mercandetti–Vico
del Generale im Verwaltungsgebiet von Masserano (Biella), zog um 1760 nach Rom
und legte seinen ersten Teil des Familiennamens (Mercandetti) ab und behielt
nur den zweiten. Zuerst hatte er eine selbständige Beschäftigung,
dann begab er sich in die Dienste des Markisen Del Bufalo als Kutscher. Er
lebte mit seiner Familie in einem Haus nahe vom Palast des Markisen, in einer
Strasse bekannt als Chiavica Del Bufalo,
welche ihren Namen hatte von dem gleichnamigen Brunnen, der immer noch dort
ist. Im ersten Stock des Hauses lebte ein hoher neapolitanischer kirchlicher
Würdenträger, Monsignore Bartolomeo Lopez. Dieser und der Marquis
Paolo Del Bufalo waren Pietros Mäzene. Schon als Kind wurde er im Gesang
unterrichtet und sang in der Capella
Musicale Liberiana der Basilica di
Santa Maria Maggiore, wo er als Lehrer möglicherweise Raimondo
Lorenzini hatte (oder einen seiner Assistenten) und Giovanni Battista
Persichini. Er begann seine Karriere als Sänger sowohl in der Capella
Liberiana als auch in anderen römischen Kirchen und am Theater. Eine
Karriere die sich von 1785 bis 1799 entwickelte, worüber er aber mit
niemandem sprach. In diesen Jahren begann er seine Studien in Kontrapunkt mit
Giovanni Masi und später mit Pietro Persichini in einem 4-monatigen
Aufenthalt im Konservatorium in Neapel. Ab 1798 lernte er die Arbeiten von
Giuseppe und Luigi Mosca kennen, aufgeführt in den Theatern von Rom, und
wurde 1799 das erste Mal als „maestro di cappella“ bezeichnet.
Er hatte sein Debuet als Opernkomponist im Jänner
1800 im Teatro della Pace mit den
Intermezzo Gli Amanti ridicoli und am 30. Mai folgte im Teatro Aliberti die Cantata Il Trionfo
della verita. Im selben Jahr heiratete er Margherita Mayo, eine
unglückliche Ehe die nur kurz dauerte. 1801 reiste er in den Süden
Italiens (möglicherweise Neapel) und kehrte 1802 nach Rom zurück, wo
er Le Nozze del Duca Nottolone (Februar) und La Villanella al Cimento
(November) beide im Teatro Valle
aufgeführt hat. Eine Woche nach der Erstaufführung verlor er seine
einzige Tochter Virginia, geboren aus dieser Ehe.
Im nächsten Jahr folgt in Bologna Le Gelosie di
Giorgio (die Posse die Filippo Galli als „mezzo carattere“
bestätigt) und er lebt ein Jahr indieser Stadt und in der Romagna. Der
Erfolg kommt 1804 mit La Calzolaja e Pamela nubile in Venedig. Diese
letzte Posse verbreitet seinen Ruhm in Europa mit Aufführungen in Prag,
Wien, Barcelona und Amsterdam. 1805 debutiert er in der Scala in Mailand mit Don
Chisciotte della Mancia, aber arbeitet hauptsächlich in Venedig, bis
ihm die volle Anerkennung gegeben wird mit Le Lagrime di una vedova
(1808) und Adelina (1810). In der Dogenstadt produziert er neue Werke
für das Teatro San Benedetto, San Moise und La Fenice,
und komponiert verschiedene Arien und „pezzi d´insieme“
(Ensemble Stücke) eingearbeitet in Werke anderer Komponisten. Zur gleichen
Zeit komponierte er neue Werke in Neapel, Florenz, Vicenza und Rom, widmete er
sich vor allem der Posse, aber näherte sich immer mehr der opera buffa.
Mit dieser letzteren Gattung hatte er 1811 überwältigenden Erfolg in
der Scala von Mailand (Chi non
risica non rosica, 39 Vorstellungen en suite), den er in Rom mit La
Vedova delirante, wegen der Finesss und der Schwierigkeit in der
Ausführung der Partituren, nicht wiederholen konnte. Zurück in
Venedig kehrt er mit Isabella ein letztes Mal zur Posse zurück um
danach dieses Genre zu verlassen. 1813 versucht er das erste Mal die ernste
Oper mit Gaulo ed Ottona. Im Jahr danach ist er in Turin wo er sich
etablieren möchte, komponiert für die drei größten Theater
der piemontesischen Hauptstadt, Regio,
Carignano und d´Angennes,
führt zum letzten Mal La Contessa di Colle Erboso auf, die
erfolgreiche Opera buffa. In den
letzten Monaten von 1814 nimmt er die Stelle eines Kapellmeisters in der
Kathedrale von Alessandria an, welche er in der Mitte des folgenden Jahres
verlässt.
Er ist zurück im La
Fenice von Venedig im Jänner 1816 mit einem Meisterwerk, die Oper I Baccanti
di Roma, komplett umgeschrieben für Triest im Juni des selben Jahres
mit dem neuen Titel I Baccanali di Roma. Es ist einer von
Generali´s bemerkenswertesten Erfolgen, gespielt in allen italienischen
Theatern, geschätzt in den österreichischen und deutschen
Städten (Bonn, Darmstadt, Dresden, Frankfurt, Kassel, Köln,
Innsbruck, München, Wien) aber auch in anderen wichtigen musikalischen Zentren
in und außerhalb Europas (Barcelona, Budapest, Havanna, Kalkutta, Korfu,
Mexico Stadt, London, Porto, Prag, Straßburg, Zadar). 1817 nach den nicht
schmeichelhaften Erfolgen des Clato in Bologna und des Rodrigo di
Valenza in Mailand, nimmt er die Einladung von Ramòn Carnicer an und
akzeptiert das Amt des Direktors im Teatro de la Santa Cruz von Barcelona, wo
er die Saison 1817-1818 leitet und die nächste gestaltet. Im Dezember 1818
ist er neuerlich in Turin und im April des nächsten Jahres in Rovigo. Von
dort reist er nach Paris mit der Absicht dort einige Zeit zu bleiben, aber im
Dezember 1819 ist er wieder in Rom mit Il Gabbamondo und ab 1820 in
Neapel, wo er in drei Jahren dreizehn Opern schrieb, von denen sechs speziell
geschrieben wurden für die Theater Fondo,
Nuovo und San Carlo.
1823 zog er nach Sizilien und wird Direktor des Teatro Carolino von Palermo wo er bis
1825 blieb, dann aber, möglicherweise wegen einer Krankheit, von Donizetti
abgelöst wurde. Generali bleibt in Sizilien und kehrt im März des
folgenden Jahres zurück. In der Zwischenzeit gründet er eine
Freimaurer Loge und wurde deshalb Ende September 1826 aus dem Königreich
beider Sizilien verbannt.
Er zieht nach Florenz, wo er Anfang 1827 ein anderes
seiner Meisterwerke, das Drama Jefte, neu interpretiert und geändert,
in Triest in der Mitte des gleichen Jahres mit größtem Erfolg
aufführt. Im August 1827 wird er in Novara Kapellmeister der Kathedrale,
ein Posten den er bis zu seinem Tod behält. Er entfernt sich gelegentlich
von der piemontesischen Stadt, um Francesca di Rimini (1828) und Beniowski
(1831) am La Fenice in Venedig, Il
Romito di Provenza (1831) in La
Scala in Mailand aufzuführen. Er stirbt in Novara an einer
Lungenentzündung. In dreißig Jahren schenkte er dem Theater 56
Arbeiten (inkludiert 2 Posthume) darunter 13 Possen, 22 komische Opern und 21
Opern. Darüber hinaus hinterließ er zahlreiche kirchliche
Kompositionen in vielen Städten in denen er sich aufgehalten hat.
Die Vergangenheit als Sänger obwohl niemals
anerkannt, und die als Komponist erlaubten ihm unter seinen Schülern
sowohl einige Opernkomponisten (Luigi Ricci, Antonio Sapienza, Luigi De Macchi,
Giovanni Lorero) als auch Sänger (Pompilio De Capitani y Goetsens, Angelo
Gugliemi, Cavalier di Ferrer und vielleicht Filippo Galli) zu haben und ab 1800
den „Cori di voci bianche“
auf die Bühne zu bringen.
Pietro Generali „gab dem Stil eine Wendung“
setzte sich „genau zwischen die barbassori
[wilden] Paesiello und Cimarosa, und den azzimati
[verfeinerten] Rossini, Bellini und ähnlichen“. Er war „der
Erste der den Start gab für eine Restauration der Musik“ mit
brillianten Inszenierungen, angenehm flüssigen Melodien in neue Formen
gebracht, die Verbesserung des Crescendo, die Harmonien und die
Modulationen ungewöhnlich und mutig, ersonnen durch diese Elemente eine
unendliche Kombinationen und neue Ideen. Seine Popularität war gleich
hinter Rossini, von dem er sich unterscheidet durch den unterschiedlichen Stil,
ein Stil den er treu blieb bis zu seiner letzten Arbeit.
Alberto
Galazzo (trad. Elisabeth Fischer-Ledenice)